PADRE ENZO E’ TORNATO ALLA CASA DEL PADRE
Il giorno 17 Dicembre P. Enzo, stroncato da un infarto, ci ha lasciato in punta di piedi. Aveva lasciato la comunità di Via Andersen, dove era il Superiore, quando ha compreso che la sua salute non lo assisteva più. E’ tornato nella comunità di Monteverde, dove era stato Pastore, perché amava incontrare e parlare con i suoi ex parrocchiani. Il male è andato progressivamente crescendo finché è stato costretto a non uscire da casa, poi a non scendere nella sala da pranzo. Andare nella comunità parrocchiale faceva piacere perché si era sicuri di incontrare il suo sorriso, il suo desiderio di conoscere la vita delle comunità e, anche, ricevere la saggezza dei suoi consigli. Per conoscerlo pubblichiamo un’intervista fatta al suo paese natale il 20agosto del 2008 in occasione del 40mo di Sacerdozio. Il Superiore Provinciale ha così riassunto la sua vita.
Vita
Enzo Procacci nasce il 17 marzo 1940 nella parrocchia di Colle del Comune e diocesi di Nocera Umbra. E’ stato battezzato il 19 marzo con i nomi di Giuseppe Enzo Maurizio. Il 28 settembre 1953 entra nella scuola apostolica di Salmata, dove nascerà la sua vocazione religiosa missionaria che lo porterà al noviziato fatto in Francia, emettendo la sua prima professione religiosa il 29 settembre 1959. Farà la professione perpetua il 18 settembre 1965 nella cattedrale di Castelsardo (Sardegna). Gli studi iniziati a Salmata saranno continuati in Torino e Roma, arrivando all’ordinazione sacerdotale il 1° aprile 1967 a Roma. Dopo due anni come novello sacerdote a Salmata, nel settembre 1969 il Superiore Generale lo invia alla missione di Morondava in Madagascar: lì, per 20 anni, realizzerà la sua vocazione missionaria. Tornato in Italia, per ragioni di salute, viene eletto consigliere provinciale nel capitolo del 1989, passerà per le comunità di Salmata e Torino come maestro dei novizi e direttore dello scolasticato. Torna a Roma nel 1995; dal 1998 al 2004 sarà parroco nella Parrocchia di N.S. de La Salette a Monteverde; dopo qualche anno nella nostra comunità di Via Andersen tornerà nella comunità di Monteverde. Rendiamo grazie al Signore per P. Enzo, per tutto il bene che ha compiuto nella vita, per la sua amicizia e lo spirito di famiglia che comunicava. Il funerale di P. Enzo si è svolto a Roma il 20 e a Colle il 21 dicembre 2016.
P. Heliodoro Santiago Bernardos
CIAO PADRE ENZO – Citazione di Elena Tasso
Una preghiera per un caro sacerdote missionario salettino Padre Enzo Procacci, ms, ritornato alla casa del Padre. Sofferente per la malaria, dal cuore pieno d’amore e dispensatore di misericordia, dal sorriso sempre pronto e accogliente, le sue mani ricolme di opere caritative, i suoi piedi belli per aver camminato tanto e averlo portato come messaggero di buone notizie. Grazie Signore per Padre Enzo, Tuo grande dono, adesso canterà per Te! Grazie Padre Enzo per tutto! Preghiamo per te come tu pregherai per noi!
INTERVISTA A P. ENZO
ENZO PROCACCI, padre missionario della Salette, al secolo GIUSEPPE PROCACCI nato a COLLE il 17. 03. 1940, formato prima nella locale scuola elementare e quindi nel seminario di SALMATA, inviato in missione dal 1970 nel lontano MADAGASCAR
Dai calci al pallone nel prato di Botticelli alla missione in terra vergine lontana.
Era il sedici aprile del 1970 quando a notte fonda il boeing 707 si staccava dall’aeroporto di Parigi destinazione sud. Inizia la mia” avventura missionaria” che durerà un ventennio nel lontano MADAG ASCAR. Prima c’era stata l’esperienza di educatore nella scuola di Salmata e l’esperienza pastorale come parroco di ROVETO, CORCIA e BUSCHE, gli incontri con i giovani della mia terra. Lo sport, il calcio in particolare, era segnato da un nome rimasto nella nostra memoria: lo stadio BOTTICELLI, un magnifico prato tra Salmata e Pascigliano. Poi la mia vita è cambiata.
Non c’era internet e si comunicava scrivendo lettere per posta aerea.
Internet? Nei villaggi della savana dove ho trascorso gli anni più belli della mia vita, internet non c’era e non c’è nemmeno oggi. Non c’è l’acqua corrente tanto meno l’energia elettrica. Lampade a petrolio e l’acqua dei fiumi, qualche pozzo scavato con l’aiuto degli amici e con infinito pericolo, visto i pochissimi mezzi di cui disponevo. La posta arrivava in media ogni tre mesi, oggi venti trenta giorni, ed era l’eco di un mondo molto lontano, il mio mondo che letteralmente dimenticavo per vivere la realtà di un mondo diverso, in cui il tempo si era come fermato secoli fa…….un mondo in cui il tempo non contava, un mondo povero ma profondamente libero.
Il ritorno in patria per motivi di salute e l’esperienza delle grandi parrocchie.
Dopo un’esperienza missionaria durata una ventina d’anni, la malattia, l’esperienza di una vita che si spezza, il ritorno in patria, il sogno infranto, il confronto con la precarietà della condizione umana. ”Ero arrivato all’età in cui per ogni uomo la vita è una sconfitta accettata (memorie di Adriano). Da questa sconfitta sono ripartito, dopo diversi anni di semi convalescenza, con una ritrovata energia per immergermi nel lavoro parrocchiale delle grandi città: prima TORINO poi ROMA. Intensissimi i dodici anni trascorsi a ROMA, come vice parroco e poi come parroco. Ci vuole un respiro ampio, una mente aperta, un cuore grande, un’anima semplice per vivere la complessità di una grande parrocchia di città. Ho camminato spesso per le vie della parrocchia, cercando di incontrare tutti con semplicità e gioia e da tutti ho ricevuto un senso di profonda umanità, quella umanità, che a volte, preso da mille cose, il sacerdote dimentica.
Cosa è cambiato nel cristiano e cosa significa esserlo oggi?
“Mai il cristianesimo è apparso tanto giovane e i cristiani tanto vecchi” (Enzo Bianchi). Sicuramente dopo il concilio vaticano secondo il cristiano ha subito una lenta purificazione. E’ scomparsa lentamente la religione puramente esterna, quella della semplice pratica, e affiora timidamente la dimensione della FEDE, più vera, più profonda. La FEDE è di pochi per questo è più impegnativo essere cristiani oggi. La FEDE è un’adesione personale, la religione spesso è vissuta come pratica esterna, manifestazione abituale e sociale. La religione spesso può ridursi a conversione, comportamento esteriore, ritualismo. I profeti biblici combattono ogni confusione tra religione e FEDE. La FEDE invece coinvolge e avvolge la persona nella sua integralità e quindi, comprende anche scelte sociali, atteggiamenti visibili, comportamenti fedeli a CRISTO e il suo vangelo. Tantissima gente in Italia, soprattutto nel mondo politico si dice cattolico, ma quanti osano dirsi cristiani? Nessuno o quasi. Mussolini diceva “io sono cattolico ma non cristiano”. Oggi è più ONEROSO “essere cristiani”.
Tornando a celebrare nella parrocchia di origine devastata nelle cose e nelle coscienze, quali impressioni?
L’impressione che nella vita nulla è dato per scontato, nulla è definitivo, tutto può succedere da un momento all’altro. Come sempre, di fronte alle catastrofi, anch’io mi sono chiesto “mio DIO, perché “? Il perché non c’è e non c’è nemmeno una spiegazione al dolore dei disastri naturali. C’è però una risposta, l’unica vera: “ LA CROCE di CRISTO”. Questa croce dolorosa, ma anche trionfante, l’ho vista negli occhi della mia gente del mio paese di Colle e dei dintorni. Quanta dignità, quanta umanità. “Mi ha sempre colpito l’umanità della mia gente”. Le prove della vita accettate più che sopportate. Certo, restano ancora le ferite profonde, e dolori nascosti nel silenzio: la tempesta del terremoto non ha soffiato invano. Dopo dieci anni i “sopravvissuti” , tornando un po’ alla volta nelle proprie case, si sentono rinascere una seconda volta. Per me ogni volta che salgo sull’altare della nostra chiesa, è un’ emozione fortissima: tutti quei volti davanti…quante vite … quante realtà …quanti valori!…
Nella vita comunitaria di oggi è più importante, il sacerdote, il parroco o il missionario?
“ Il prete “ come diciamo nei nostri piccoli paesi “deve essere l’uomo di tutti “. E’ l’uomo di DIO, per la sua speciale vocazione il suo ministero e, al contempo, l’uomo di tutti. Si è sacerdoti per il popolo, il popolo di DIO, non per se stessi. In questa dimensione di grande profilo si può essere parroci di un piccolo paese o missionari in terre vastissime. Per cinque anni in Madagascar sono stato missionario-parroco, di una parrocchia più grande dell’Umbria. Quello che conta è il cuore, la FEDE, la dimensione divina che il sacerdote deve avere raccolta nella povera realtà della dimensione umana. Solo così il sacerdote- parroco sarà l’uomo di tutti e tutti lo sentiranno come loro fratello e padre. Simone Weil ha scritto “C’è qualcosa di misterioso e incomprensibile nel sacerdote”. Soltanto perché “incomprensibile” nel sacerdote, è più vicino a noi e noi in qualche modo, ci sentiamo presi dal suo ministero.
La processione, le omelie e il continuo riferimento al passato.
“Meno candele, meno processioni, più convinzione”. La frase di don Milani detta cinquanta anni fa resta quanto mai attuale. I grandi giornali, comprese le riviste come “Vita pastorale”, si divertono a radiografare le omelie della domenica. Tutti le trovano di una “ povertà estrema” e di una “santità sconcertante”. Se durante la settimana il sacerdote non ha attinto nel mistero di DIO con la preghiera e il silenzio di che cosa potrà parlare la domenica? Il passato conta ed è importante, ma il cristiano deve guardare al futuro con gli occhi della speranza e della FEDE. Cristo è di oggi, e abbiamo bisogno di vedere Cristo oggi, la nostalgia non appartiene alla chiesa.
Perché oggi non c’è più spirito di gruppo nel paese o perlomeno è ridotto a piccoli gruppi chiusi in se stessi?
E’ difficile stare insieme, anche nei piccoli paesi. I media parlano ogni giorno di conflitti e di esplosioni di violenza anche all’interno del piccolo nucleo famigliare. Si diffonde oggi un senso di “coesistenza” molto diverso dal “vivere insieme”. Bisogna ritrovare la gioia e i motivi del vivere insieme, ritrovare relazioni significative e condivise. Il “vivere insieme “ comporta l’affrontare dentro di sé l’individualismo che corrompe. Indifferenti agli altri, ci chiudiamo nei piccoli gruppi, anche nella chiesa. C’è un grosso lavoro da fare: dobbiamo sentire l’altro come un nostro simile, sempre degno del nostro rispetto, con il quale fare un po’ di strada insieme, da uomini veri.
L’unità pastorale, ormai indispensabile per la comunità cristiana, è già una realtà o necessità di particolare attenzione?
Nella svolta epocale in cui ci troviamo, il mondo, la società, la chiesa, l’unità pastorale ha un ruolo fondamentale per assicurare la crescita del “regno di DIO” sulla terra. E’ una realtà già esistente ma che va curata e direi “amata”. Il cristiano, per non rinnegare se stesso, è chiamato sempre ad andare oltre i propri confini. Chiusa in se stessa la comunità cristiana muore. E’ urgente superare i ristretti limiti della parrocchia per aprirsi ad altri, è la legge del vangelo. L’unità pastorale, verso la quale si cammina lentamente, è la “grande parrocchia “ del domani, libera dai piccoli campanilismi locali, aperta al soffio dello Spirito.
Restando con i piedi ben piantati in terra e forte dell’esperienza missionaria, quali suggerimenti per la comunità cristiana che abita oggi la vallata definita da Dante “la fertile costa”.
E’ vero, tante cose si sono perse per strada, e anche la nostra gente, a volte sembra volersi costruire un mondo da sola, alla cui base c’è l’affermazione di sé e l’egoismo. Ma non tutto è perduto e non è troppo tardi. La componente umano-cristiano della nostra gente è ancora molto forte. Ed è su questa che devono basarsi gli sforzi dei responsabili civili e religiosi per rilanciare la crescita della comunità che affonda ancora le sue radici nello “spirito di S. FRANCESCO” che da otto secoli ha fatto della “fertile costa” un punto di riferimento fondamentale per l’umanità. Soltanto ripartendo da se stessa una comunità troverà la forza per costruire un insieme comune.
Giampiero Marinangeli (20 Agosto 2008 in occasione del 40° di sacerdozio)
RIVISTA LA SALETTE